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L'ANGOLO DI FABIO FIUME

 

 

Marlon Roudette - L'elettricità di uno spirito soul a suon di loop

 

 

di: Fabio Fiume


 

Aveva bisogno di far pace con se stesso Marlon Roudette, artista caraibico/inglese che nel nostro paese ha avuto già la sua fetta di popolarità a metà degli anni 2000 come voce del progetto Mattafix. Poi sciolta quella esperienza il talentoso ragazzone dalla voce particolarissima e dalla parentela famosa ( è figliastro di Neneh Cherry ) ha dato vita ad una carriera solista, che dopo un primo disco, bello ma passato un po' inosservato sul nostro mercato, approda adesso al secondo lavoro che pian piano, dopo i primissimi posti in Germania sta conquistando pure noi. Merito, dice lui, della pace interiore fatta tra la sua anima caraibica e la necessità di esprimersi attraverso la musica che preferisce, ovvero il soul; il punto d' unione pare sia stato il lasciarsi andare all'elettricità creativa che lo pervadeva e da qui il titolo "Electric Soul". Il comune denominatore del disco che alfine sposa però perfettamente soul e pop da classifica è che tutti i brani, ma proprio tutti girano attorno ad un loop, ripetuto spesso ad oltranza, talvolta vocale, altre strumentale, altre ancora artificiale, che senza rendertene conto ti trapanano il cervello rimanendo inevitabilmente impressi. Sfidiamo infatti tutti a non riconoscere l'attuale, e straordinariamente di successo, singolo "When the beat drops out", dalle prime note di tastiera ripetute ossessivamente in realtà per tutto il brano. E così anche gli altri, dall'apertura di "America", con la batteria campionata che sembra ovattata, come se arrivasse da lontano e quel "go, go, go" che non può che risultare ipnotico, alle percussioni programmate di "Body language", potenziale altro singolo di successo. In realtà però è tutto "Electric soul" che potrebbe funzionare come fucina di brani di successo, perchè laddove il brano magari è più debole è la particolare voce del nostro a dare forza, come in "Run Around" dove addirittura c'è l'ingenuità ( voluta ? ) di un piano iniziale che ricorda troppo "Incomplete", hit di nemmeno troppo tempo fa dei Backstreet boys. Buona "Come along" con le sue riminiscenze reggae, o "Hurts pull" cantata in falsetto leggero, su loop vocale che ritorna e ritorna.

Non è un miracolo sicuramente questo disco di Roudette, ma ha la peculiarità di conquistare ascolto dopo ascolto, senza cadere nel banale. Di certo c'è che l'artista è in crescita e con queste basi può solo fare meglio. Attendiamolo ancora un po'.

Sei 1/2 


 

 

 

11  ottobre 2014